Alice: nel «giardino incantato» la gente si sta risvegliando. Il nuovo recital dell'interprete prende spunto dai versi di scrittori e cantautori
A cosa pensano i cantautori quando cantano? Per esempio, a cosa ha pensato Alice quando ha scelto di proporre per il pubblico de La Milanesiana (lunedì 27 giugno, in Sala Buzzati) un recital intitolato «Il giardino incantato»? «Pensavo al nostro Paese e alla condizione in cui si trova», risponde ridendo al telefono. «Un titolo ironico per parlare dell'oggi, anche se mi sembra che il popolo italiano, fortunatamente, abbia cominciato a svegliarsi». Nel recital non ci saranno anticipazioni dell'album che uscirà in autunno. «Canterò "Il blasfemo" di De André sui versi di Edgar Lee Masters, ed è da lì che ho preso "il giardino incantato". Poi "Non insegnate ai bambini" di Gaber, riprenderò "Povera patria" di Battiato, più qualcos'altro, per mescolare vari elementi». Da sempre Alice mostra di avere grande attenzione per i testi, che non di rado prende direttamente da poeti e scrittori come Baudelaire («L'étranger»), Pasolini («La recessione»), Else Lasker-Schüler («1943»), Fleur Jaeggy («Oceano di silenzio»). «Nel prossimo album ci saranno anche Verlaine e Rimbaud», dice. «Sono convinta che ci sia bisogno di poesia, personalmente con i miei testi mi interessa esprimere qualcosa di profondo e poetico, contemporaneamente».
E nelle canzoni è sempre possibile? «Anche se mantengo sempre un'attenzione particolare, costante per il testo, io come cantante appartengo al pop. Il pop, si sa, è un linguaggio di grande comunicazione, apparentemente semplice, ma basta poco per rischiare la banalità. A me piace il linguaggio pop, che è più leggero certo ma io voglio che non sia mai scontato. E nonostante le molte spinte per una produzione più commerciale, posso dire che mi è riuscito di mantenere la mia strada personale, credo non banale». E il pubblico come ha reagito, per esempio quando scelse di cantare Fauré, «Pie Jesu» o altri brani su musiche di Ravel, Satie? «È stato un bel salto, sapevo che ci sarebbe stata una selezione nel pubblico, però ho avuto la bella sorpresa di vedere che una buona parte di quelli che mi seguivano accolsero questa mia scommessa con grande favore». Vincitrice del Sanremo della rinascita, 1981, con «Per Elisa» (musica di Franco Battiato e Giusto Pio, parole di Battiato e Alice), interprete personalissima di molte canzoni di Battiato («Messaggio», «Prospettiva Nevski», «I treni di Tozeur») e di Juri Camisasca («Nomadi»), Carla Bissi di Forlì, in arte Alice, coniuga negli anni Ottanta successo e qualità, aggiungendo ai concerti italiani frequenti e fortunate tournée all'estero, dalla Germania al Giappone. Nell'84, con Battiato, si classifica quinta all'Eurofestival con «I treni di Tozeur» e l'anno dopo dedica sempre a Battiato l'album «Gioielli rubati». Dall'86, la svolta. Grazie all'incontro con Francesco Messina, Alice affronta linguaggi musicali diversi e collabora con artisti internazionali. Nascono così album come «Park Hotel», «Il sole nella pioggia», «Mezzogiorno sulle Alpi». In quest'ultimo è inserito un brano, «La recessione», di Pier Paolo Pasolini. «È stato Mino Di Martino, che collabora con me, a suggerirmi quella poesia. Di Martino era uno dei Giganti, poi dopo la fine del gruppo ha intrapreso una carriera personale, musicando testi di Pasolini». Da lui è venuta la proposta di usare la versione italiana - tradotta dallo stesso P.P.P. - della poesia in friulano compresa nella raccolta «La nuova gioventù». Intanto Alice prova testi e musiche di grande spiritualità, canta con Skye dei Morcheeba e Morgan dei Bluvertigo, si fa accompagnare dall'Orchestra Toscanini, per lei suonano Paolo Fresu e Steve Jansen.
In un tour («Le parole del giorno prima») mescola poesie e canzoni dei cantautori italiani.
Ma quando, alla fine dei concerti, le richiedono «Per Elisa», lei che fa? «Per molti anni non l'ho più voluta cantare, poi nel '96 l'ho ripresa, in una versione progressive, e ora sta nella scaletta dei miei concerti. Non c'è bisogno di aspettare il bis». E «Messaggio»? «Non è ancora arrivato il momento per riprenderla, ma sento che nell'aria c'è voglia di sentirla di nuovo». Quel ritornello a voce spiegata «Vai via dalla mia vita, con te voglio farla finita» fu un grido liberatorio all'inizio degli anni 80. «Sì, lo fu anche per me. Il giorno che la rifarò, glielo farò sapere».
Intervista di Ranieri Polese - Fonte: Corriere della Sera 22 giugno 2011.